giovedì 4 febbraio 2010

O dei proles - Il pianto della natura

"O dei proles genitrixque rerum,
vinculum mundi stebilisque nexus,
gemma terrenis, speculum caducis,
                 lucifer orbis.
Pax amor virtus regimen potestas
ordo lex finis via dux origo
vita lux splendor species figura
                 regula mundi.
Que, tuis mundum moderans habenis,
cuncta concordi stabilita nodo
nectis et pacis glutino maritas
                 celica terris.
Que, Noys puras recolens ideas,
singulas rerum species monetas,
rem togans forma clamidemque forme
                 pollice formans.
Cui favet celum, famulatur aer,
quam colit tellus, veneratur unda,
cui, velut mundi domine, tributum
                 singula solvunt.
Que, diem nocti vicibus cathenans,
cereum solis tribuis diei,
lucido lune speculo soporans
                 nubila noctis.
Que polum stellis variis inauras,
etheris nostri solium serenans,
siderum gemmis varioque celum
                 milite comples.
Que novis celi faciem figuris
protheans mutas aviumque vulgus
aeris nostri regione donas
                 legeque stringis.
Cuius ad nutum iuveniscit orbis,
silva crispatur folii capillo
et sua florum tunicata veste
                 terra superbit.
Que minas ponti sepelis et auges,
sincopans cursum pelagi furori,
ne soli vultum tumulare possit
                 equoris estus.
Tu vie causam resera petenti,
cur petis terras, peregrina celis?
Cur tue nostris deitatis offers
                 munera terris?
Ora cur fletus pulvia rigantus?
Quid tui vultus lacrime prophetant?
Fletus interni satis est doloris
                 lingua fidelis".

"O figlia di Dio, genitrice di ogni cosa,
vincolo del mondo e legame sicuro,
gemma e specchio delle cose caduche,
luce dell'universo.
Pace amore virtù guida potenza
ordine legge fine via comando origine
vita luce splendore forma immagine
regola del mondo.
Tu che guidi il mondo con le tue redini
le cose tutte nel nodo della concordia
stringe e con un vncolo di pace intrecci
le celesti cose alla terra.
Tu, che contempli le idee pure della Mente,
forgi ogni singolo aspetto delle cose,
di forma la materia ricopri e con il pollice
plasmi questa forma.
Ti onora il cielo, ti è sottomessa l'aria,
ti rende omaggio la terra, l'onda ti venera,
le cose tutte un tributo danno
a te, sovrana del mondo.
Alterni il giorno e la notte,
al giorno consegni la fiaccola del sole,
culli le nubi della notte
al brillante specchio della luna.
Tu rendi d'oro il cielo con molteplici stelle,
rassereni le regioni della nostra atmosfera,
riempi il cielo delle gemme degli astri
e delle loro molteplici schiere.
Trasformandoti muti il volto del cielo
con nuove figure e fai dono
alla nostra atmosfera di una moltitudine di uccelli
e li sottometti alla tua legge.
Al tuo cenno ringiovanisce l'universo,
le selve ondeggiano con mille e mille foglie,
e fiera è la terra di vedersi ricoperta
del suo manto di fiori.
Tu riduci o accresci la minaccia del mare,
bloccando la furibonda corsa dei flutti,
così che le acque in tumulto non possano ricoprire
il volto della terra.
Ora, ti prego, dimmi perchè
esule dal cielo, ritorni sulla terra?
Perchè offri alle nostre terre
i doni della tua divinità?
Perchè il tuo volto è rigato di pianto?
Che significano quelle lacrime sul tuo viso?
Il pianto è infatti voce fedele
di un profondo dolore."



ALANO DI LILLA

lunedì 1 febbraio 2010

Flamina nos Borea - Il soffio di Borea

Flamina nos Boreae niveo canentia vultu
perterrent subitis motibus atque minis:
tellus ipsa tremit nimio perculsa pavore,
murmurat et pelagus duraque saxa gemunt,
aereos tractus Aquilo nunc vastat iniquus
vocibus horrisonis murmuribusque tonans,
lactea nubifero densantur vellera caelo,
velatur nivea marcida terra stola,
labuntur subito silvoso vertice crines
nunc stat harundineo robur et omne modo,
Titan, clarifico qui resplendebat amictu,
ab scondit radios nunc faciemque suam.
Nos tumidus Boreas vastat -miserabile visu-
doctos grammaticos presbiterosque pios,
namque volans Aquilo non ulli parcit honori
crudeli rostro nos laniando suo.
Fessis ergo favens, Hartgari floride praesul,
sophos Scottigenas suspice corde pio:
scandere sic valeas caelestia templa beatus,
aetheream Solimam perpetuamque Sion.

Praesulis eximii clementia mensque serena
flamina devicit rite superba domans.
Suscepit blandus fessosque loquacibus austris
eripuit ternos dapsilitate sophos,
et nos vestivit, triplici ditavit honore
et fecit proprias pastor amoenus oves.

Il soffio canuto di Borea con il suo volto di neve
sparge terrore con rapidi moti e minacce:
la terra stessa trema da troppa angoscia percossa,
muggisce il mare, gemono le dure rocce.
Ora il malvagio Aquilone invede gli spazi del cielo
tuonando con una voce dagli orribili suoni e ruggiti,
si addensano nel cielo nuvoloso riccioli lattiginosi,
l'arida terra è ricoperta da una coltre di neve,
scivolano giù improvvise dalle cime della foresta le fronde,
e anche la quercia sembra una canna,
Titano che splendeva con il suo mantello luminoso,
ci nega i raggi del suo volto:
Borea rigonfio colpisce noi -miserabile spettacolo-
noi dotti grammatici e preti devoti;
invero il tempestoso vento del Nord non risparmia dignità
alcuna dilaniandoci con il suo becco crudele.
Tu Hartgar, vescovo illustre, tu che non disdegni i deboli,
accogli benigno i saggi Scoti:
così beato salirai ai templi del Signore,
alla Gerusalemme celeste e alla imperitura Sion.

La clemenza e la serena mente del grande vescovo
hanno sconfitto i superbi venti e li hanno addomesticati.
Dolce e generoso ha accolto noi tre saggi,
strappandoci ai venti ciarlieri che ci avevano stancato,
ci ha vestiti, ci ha onorati tre volte,
ha agito come un buon pastore con le suo pecore.

SEDULIO SCOTO